Investire in un paniere diversificato di commodity: Parte I: come ridurre la volatilità?
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Nella nostra serie di articoli sulle ragioni per cui “Investire in un paniere diversificato di commodity” discuteremo dei vantaggi degli investimenti in un ampio e diversificato paniere di materie prime e di come una strategia ottimizzata per il rolling possa migliorare il profilo di performance delle commodity – sia in quanto asset class singola sia parte di un portafoglio multi-asset.
- Le singole commodity sono soggette a fattori specifici, e talvolta unici, che determinano i diversi trend dei prezzi e un’alta volatilità.
- La probabilità, basata sulla media storica, di ottenere rendimenti positivi e negativi può contribuire a delineare con maggiore chiarezza i concetti di volatilità e di dispersione dei rendimenti delle diverse classi di attivi.
- Combinare le singole commodity per formare un’esposizione ampia e diversificata sulle materie prime può ridurre considerevolmente la volatilità rispetto a quanto non accada con le singole commodity e con i titoli azionari in generale.
In questo primo articolo esamineremo con attenzione alcuni dei fattori più rilevanti responsabili della volatilità osservata nelle singole commodity e illustreremo come attenuarla diversificando fra le materie prime.
Ciclicità
Le forze che dirigono la volatilità delle singole commodity sono generalmente uniche. Consideriamo, ad esempio, il rame: i punti di svolta che interessano ciclicamente l’attività economica possono sopraffare il sentiment degli investitori, incidendo sull’andamento di trend secolari latenti. Durante il boom delle commodity provocato dalle spese per gli investimenti in Cina negli anni compresi tra il 2001 e il 2007, i contratti future sul rame sono saliti del 260%, dieci volte tanto rispetto allo S&P 500. La marcata inversione dei prezzi del rame dal 2010 e le evidenti oscillazioni da allora mostrano proprio in che misura le forti aspettative sull’outlook cinese per le esportazioni e le spese in infrastrutture guidino la nota retorica su un atterraggio brusco/morbido e quanto stretto sia il loro legame con i metalli industriali.
Stagionalità
Un altro fattore trainante è rappresentato dalle dinamiche stagionali e dalle anomale condizioni metereologiche, prevalenti in particolare nei settori dell’energia e dell’agricoltura. Le svariate ondate di freddo che si sono protratte fino alla primavera negli Stati Uniti, turbando e intaccando le condizioni dell’offerta energetica negli ultimi anni, hanno distorto i prezzi dei future sul gas naturale USA, causando lo spostamento delle curve dei future stessi. Ciò ha comportato drastiche fluttuazioni dei prezzi, come avvenuto nel 2012 e nel 2013, quando i contratti di marzo hanno subito un roll-over su quelli di aprile. Anche altre condizioni meteo avverse, come ad esempio le gravi siccità che hanno devastato i raccolti negli USA, in Russia e in Egitto negli ultimi anni, provocando penurie temporanee ma ingenti, hanno contribuito a oscillazioni isolate ma volatili dei prezzi dei generi alimentari di base come il mais e il grano senza incidere sull’energia, i metalli industriali e quelli preziosi. Gli shock sulla domanda e l’offerta che si ripercuotono sull’inclinazione della curva dei future che oscilla tra contango (verso l’alto) e backwardation (verso il basso) amplificano la volatilità.
Normative e tecnologia
La libertà normativa e la tecnologia costituiscono ulteriori esempi del perché, in alcuni settori delle materie prime, l’andamento dei prezzi appare isolato dai trend macro globali. La relativa facilità con cui le nuove tecnologie per l’estrazione dei combustibili minerali, come la fratturazione idraulica o fracking nelle formazioni scistose, sono state adottate e si sono rapidamente diffuse negli Stati Uniti ha incoraggiato il disallineamento dei prezzi del gas naturale statunitense non solo rispetto ai prezzi del greggio ma anche in confronto a quelli del gas naturale europeo. Ad esempio, secondo il benchmark dell’OCSE sui prezzi medi del gas naturale per i frammentati mercati dell’energia in Europa, il gas naturale USA è stato negoziato - di fatto - a oltre il 60% disconto rispetto al gas naturale europeo dal 2010 in avanti.
“Finanziarizzazione”
A rafforzare la distinzione nell’andamento dei prezzi delle singole materie prime è stata anche la “finanziarizzazione” dei mercati delle commodity, tramite lo sviluppo di prodotti ETP (exchange traded product). Questi veicoli hanno sbloccato i cospicui patrimoni degli investitori retail e istituzionali che investono in commodity, così che la determinazione dei prezzi sostenuta dall’offerta e dalle aspettative di domanda da parte d’importanti soggetti commerciali è sempre più influenzata da investitori di diverso tipo. Chi adotta asset allocation strategiche, così come gli speculatori e gli operatori finanziari, oggi molto spesso rafforza o interrompe i trend dei prezzi delle commodity, fino ad arrivare a stravolgerli direttamente.
Ad esempio, il Grafico 1 mostra il trend che segue il comportamento gregario degli investitori, i quali acquistano oro quando il prezzo aumenta e lo vendono nel momento in cui scende, acutizzando in questo modo la volatilità. Ad esempio, mentre nel 2013 i future sull’oro erano scesi del 28% a seguito del riscatto di 38mldUSD investiti in ETP sull’oro, quest’anno fino a fine marzo, l’aumento del 16% dei future sull’oro ha coinciso con investimenti del valore di circa 12,5mldUSD in ETP sull’oro.
D’altro canto, gli investitori in ETP sul greggio tendono ad essere contrarian, ad investire cioè controtendenza, privilegiando un’allocazione strategica – se non di default - sul greggio: all’aumento dei prezzi del greggio, gli investitori riducono le posizioni, alla discesa dei prezzi del greggio gli investitori alimentano l’allocation negli ETP specializzati in OIL. Ad esempio, quando il petrolio WTI è sceso del 77% dal picco di luglio 2008 al livello minimo di febbraio 2009, 6mldUSD sono affluiti negli ETP sul petrolio nello stesso periodo. E durante il drastico crollo del greggio, da un prezzo di oltre 100USD al barile da luglio 2014 a meno di 40USD al barile a fine marzo di quest’anno, gli ETP sul greggio hanno assistito a flussi in entrata per quasi 10mldUSD.
Se i flussi degli investitori alla ricerca di valore non sono riusciti a fungere da shock in grado di assorbire e contrastare le drastiche oscillazioni dei prezzi del greggio, allora è probabile che gran parte dell’elevata volatilità in alcuni mercati di commodity sia da imputare all’aumento delle posizioni speculative da parte di hedge fund e trading desk proprietari. Sul NYMEX oggi circa il 28% dell’open interest di contratti derivati sul greggio WTI (principalmente future e option) è detenuto su base non commerciale, ossia speculativa, rispetto al 14% di soli cinque anni fa. In Cina, gli organi di regolamentazione stanno inasprendo il quadro normativo per porre un freno all’eccessiva speculazione sui metalli industriali, in particolare nel comparto siderurgico dove, nonostante le diffuse capacità in eccesso, i future sull’acciaio rinforzato sono saliti.
Dunque, come deve comportarsi un investitore a fronte di tutta questa volatilità?
Il Grafico 3 descrive la volatilità dei maggiori benchmark azionari, obbligazionari e su commodity in due modi. Primo: i rombi blu mostrano la standard deviation annualizzata dei rendimenti settimanali dal 2001. Classificati in ordine crescente nell’ambito di ogni asset class, i benchmark che mostrano la volatilità inferiore sono i titoli governativi a scadenza più breve emessi dai Paesi sviluppati a bassa inflazione (a sinistra), con ad esempio standard deviation inferiori al 3% per i Gilt britannici e i titoli sovrani giapponesi da uno a cinque anni. Spostandosi verso l’alto lungo lo spettro della volatilità, standard deviation attorno al 18% prevalgono nei principali titoli azionari del mondo sviluppato, con dati solitamente superiori al 20% nei benchmark ciclici più ristretti come il DAX 30, il NASDAQ 100 e l’Hang Seng. E’ tuttavia nell’ambito delle commodity che i rendimenti risultano più volatili. I future sul greggio – che sia WTI o Brent- si collocano tra i benchmark più volatili tra le materie prime e, come illustrato nella parte destra del grafico, hanno standard deviation superiori al 30%[1].
Secondo: un modo più semplice per concettualizzare la volatilità consiste nel delineare la dispersione dei rendimenti settimanali storici come illustrato dal grafico a candele (grigio scuro), con le estremità delle barre verticali più spesse che indicano il cut-off e le punte delle linee più sottili che indicano la media del 10% più basso e del 10% più alto (rispettivamente il 10° e il 90° percentile) dei rendimenti settimanali dal 2001. Una standard deviation del 35% per il greggio WTI è elevata; un rendimento settimanale medio di circa l’8% si è verificato approssimativamente il 10% delle volte, con la stessa probabilità anche per rendimenti settimanali medi di circa il -8%. Ciò è indicato dalle estremità superiori e inferiori delle linee sottili del grafico a candele per il greggio WTI. In altre parole, se la storia è d’insegnamento, esiste una possibilità su cinque che gli investitori guadagnino o perdano in media l’8% mantenendo il loro investimento sul greggio WTI per una settimana.
[1] Oltre che per ragioni di scalabilità, il gas naturale USA è probabilmente la commodity più volatile del settore energia e tra le materie prime in generale, con una standard deviation annualizzata del 48%.
I decili del 10% e del 90% della distribuzione dei rendimenti settimanali (cioè le estremità delle barre più sottili), descrivono la volatilità come una misura della dispersione dei rendimenti secondo modalità leggermente differenti. Sia per il WTI che per il Brent esiste una possibilità su cinque che gli investitori guadagnino o perdano almeno il 5% su base mensile. In evidente contrasto rispetto all’azionario britannico, dove è presente una probabilità su cinque che gli investitori guadagnino o perdano in media circa la metà rispetto agli investimenti sul petrolio su base mensile (cioè il +4% e il -4%, rispettivamente) oppure guadagnino o perdano circa il 2,3% a settimana.
Quando le singole commodity sono inserite in un paniere più ampio
Una volta che le singole materie prime come il greggio, il rame, l’oro e il grano vengono combinate in un paniere più ampio di commodity, la volatilità subisce una drastica riduzione. Il Grafico 3 mostra che i rendimenti settimanali in eccesso delle Broad Commodities - un paniere costituito da energia, metalli industriali, metalli preziosi e materie prime agricole- presentano una standard deviation annualizzata del 15,6%: del 10% inferiore al rame, quasi del 14% inferiore al grano, del 15% inferiore al greggio. Per dirla in altri termini, i rendimenti settimanali storici dal 2001 indicano una probabilità su cinque che gli investitori guadagnino o perdano attorno al 2,5% minimo su base settimanale, una percentuale analoga alla volatilità alla quale gli investitori sarebbero storicamente esposti negli investimenti sul mercato dei titoli azionari large cap britannici .
A causa dei driver di rendimento unici delle singole commodity, la volatilità ha storicamente superato quella della maggior parte dei mercati azionari. Tuttavia, una volta combinate in un paniere più ampio costituito da altre commodity individuali, gli investitori possono accedere ad un’asset class che, grazie alla diversificazione, riduce considerevolmente la propria volatilità.
Gli investitori che condividono questa opinione potrebbero essere interessati ai seguenti prodotti UCITS ETF.
- WisdomTree Enhanced Commodity UCITS ETF – USD (WCOG)
- WisdomTree Enhanced Commodity UCITS ETF – USD Acc (WCOA / WCOB)