Il Tapering della BCE: positivo per le banche italiane
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Il settore bancario dell’Eurozona, negoziato a forte sconto - soprattutto quello italiano-, offre agli investitori un potenziale punto d’ingresso in un momento in cui la pressione sui titoli di Stato a lunga scadenza, e l’irripidimento della curva dei rendimenti da essa provocata, ha riproposto nuove opportunità di carry trade.
Per le ragioni delineate nei paragrafi seguenti, un’asset allocation tattica ribassista sull’obbligazionario e rialzista sugli istituti bancari potrebbe guadagnare slancio poiché la retorica della BCE è improntata meno alle previsioni ottimistiche sull’Eurozona e più sull’esigenza di dare alle banche dell’Area un’altra possibilità per incentivare la reddittività.
Il grafico sottostante mostra l’irripidimento della curva dei rendimenti in Italia, dove lo spread dei tassi d’interesse tra i BTP decennali italiani e i prestiti overnight della BCE è di quasi 70bp e di altri 26bp più ampio (96bp) se si considerano i prestiti di liquidità a tre mesi sui mercati interbancari. Nel frattempo, osservando i singoli Paesi dell’Eurozona, si noterà che per molti di essi, Italia inclusa, le pressioni inflazionistiche sono perlopiù assenti.
Il ridimensionamento del QE e il rialzo dei tassi negli USA mettono sotto pressione i titoli sovrani
Marzo sarà l’ultimo mese in cui la BCE acquisterà 80mld di euro di obbligazioni (soprattutto governative) dell’Eurozona, dopo di ché continuerà acquistando titoli per un valore di 60mld di euro fino al dicembre 2017. Il ridimensionamento del programma di QE e la sua graduale interruzione prevista dopo il 2017 significano che il minore supporto fornito dalla Banca centrale europea espone ad attacchi speculativi i titoli sovrani più deboli dell’Area.
Appaiono già alcuni segnali di come il programma di allentamento quantitativo risulti meno efficace nell’assorbire gli shock delle elezioni generali di quest’anno in Francia (ad aprile/maggio), in Germania (a settembre) e, potenzialmente, in Italia (in autunno o agli inizi del 2018). In un clima sempre più selettivo sui mercati obbligazionari dell’Eurozona, gli investitori stanno rafforzando la linea di demarcazione tra i rendimenti dei titoli governativi dell’Area. Ad esempio, mentre i rendimenti delle obbligazioni italiane sono saliti più rapidamente di molti altri –probabilmente in conseguenza delle speculazioni degli investitori esteri riguardo all’anello più debole (ossia il più indebitato) in Europa- i titoli sovrani “più solidi” mostrano oggi a loro volta segnali di fragilità. I titoli governativi francesi hanno di recente subito forti pressioni di vendita poiché gli investitori (locali), addentro alle questioni politiche del Paese, potrebbero avere deciso di spostare le asset allocation verso le obbligazioni bancarie coperte (mutui), a discapito dei titoli di Stato, in vista del primo turno delle elezioni presidenziali in aprile.
Il rialzo dei tassi da parte della Fed la settimana scorsa, già ampiamente previsto, serve esclusivamente a intensificare la pressione sui bond dell’Eurozona. Il differenziale di rendimento delle obbligazioni decennali tra i Treasury USA e i Bund tedeschi è di 200bp, con la differenza sostanziale che mentre i rendimenti statunitensi corretti per il rischio sono positivi, in Germania i tassi sono negativi. Argomentare contro la scelta di detenere in portafoglio i titoli di debito italiani potrebbe sembrare meno ovvio, visto che i rendimenti si attestano a soli 10bp al di sotto dei Treasury USA; tuttavia se si considerano l’eventuale rischio di ribasso dell’Euro e la percezione di una maggiore affidabilità creditizia degli Stati Uniti, i rendimenti corretti per il rischio negli USA appaiono subito molto più interessanti.
Un incentivo alla redditività delle banche: rafforzare il portafoglio di negoziazione in un momento in cui i crediti deteriorati abbondano nel portafoglio dei prestiti
Mentre il rialzo dei tassi d’interesse attenua l’esigenza di dovere addebitare commissioni aggiuntive ai titolari di conti deposito, si smorza anche la battaglia in difesa di questi ultimi. Tuttavia, nelle economie periferiche europee, l’agonizzante se non addirittura stagnante portafoglio dei prestiti si caratterizza per alcune debolezze strutturali dei fondamentali, ivi inclusi miliardi di crediti deteriorati (NPL) in Italia che devono essere svalutati per inesigibilità, oppure, più in generale in altri Paesi dell’Area, il pesante indebitamento del settore privato ancora in fase di rimborso dei finanziamenti. Nell’Europa overbanked una simile ristrutturazione dei bilanci richiederà anni.
In risposta, gli istituti bancari europei si stanno consolidando per tagliare i costi e migliorare l’efficienza operativa. Ironia della sorte, a guidare le fila è proprio l’Italia. Il terzo istituto di credito del Paese, il Gruppo BPM, è nato l’anno scorso dalla fusione tra Banca Popolare di Milano e Banco Popolare, grazie alla riforma varata dal governo di Matteo Renzi. Altri istituti che versano in condizioni di fragilità devono a loro volta rafforzare i coefficienti di capitale per espandere il portafoglio dei prestiti. Dopo la vendita delle partecipazioni nella polacca Bank Pekao e del ramo finanziario Pioneer ad Amundi, Unicredit ha aumentato il capitale sociale di ben 13mldEUR per rafforzare il suo patrimonio.
Ma per quale ragione le banche italiane dovrebbero cercare di ricostruire il portafoglio dei prestiti proprio in un momento in cui accantonare capitali è un’operazione costosa, visto che la traballante crescita economica e il fragile mercato del lavoro accrescono il rischio d’insolvenza? Ridare slancio al portafoglio di negoziazione sembra un’alternativa più realistica, soprattutto considerando che i titoli di Stato adesso non solo rendono molto di più ma anche che le norme di Basilea III valutano a rischio zero il debito governativo, consentendo alle banche di accumulare titoli sovrani senza costi. Prova evidente della ricostruzione del proprio portafoglio di negoziazione da parte delle banche italiane è l’acquisto di titoli di debito per 9,5mldEUR netti negli ultimi 12 mesi , a fine gennaio 2017, derivanti soprattutto dalle acquisizioni di obbligazioni bancarie e ipotecarie e di bond societari. In ogni caso , poiché i tassi d’interesse continuano a salire, i riscatti netti dei titoli di debito sovrani dovrebbero a loro volta subire un’inversione di tendenza.
Conclusione
Crediamo che il notevole potenziale di rialzo delle banche italiane e dell’Eurozona, sostenuto dal rialzo dei tassi d’interesse, crei opportunità di carry trade che probabilmente guadagneranno slancio nel 2017. Anche le valutazioni ancora fortemente scontate delle banche italiane rispetto agli altri istituti di credito europei e al mercato azionario più ampio, in generale continuano a offrire un buon punto d’ingresso per gli investitori.
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