Anatomia di un rally del dollaro
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degli ultimi due anni a dominare la scena sul fronte dei cambi è stato il deprezzamento del dollaro statunitense. Analizzando i fatti ci accorgeremo che questa tendenza ha avuto tra le conseguenze:
- Un apprezzabile supporto agli utili delle multinazionali large cap USA – soprattutto per le aziende che esportano gran parte della produzione.
- Un forte rally delle commodity – vi ricordate di quando ci chiedevamo se il prezzo del petrolio al barile sarebbe sceso al disotto dei 20USD nel febbraio del 2016? Simili quesiti non ci tormentano più.
- Una forte performance dei mercati emergenti, dove l’apprezzamento delle monete rispetto al dollaro, in concomitanza all’andamento positivo dei mercati azionari, ha creato un ottimo contesto di rendimento per gli investitori in dollari USA.
Ci stiamo forse muovendo in direzione di un rafforzamento del dollaro?
Difficilmente le monete si muovono in un’unica direzione per un lungo periodo di tempo, soprattutto oggigiorno. Riteniamo quindi che sia importante prestare particolare attenzione a eventuali segnali che potrebbero indicare un cambiamento della tendenza, poiché la strategia ideale in un contesto di debolezza del dollaro non è la stessa che risulterebbe valida in un contesto di forza del biglietto verde.
Tra aprile e maggio 2018 si è verificato un forte movimento al rialzo del dollaro (dal 2 maggio 2017 al 1° maggio 2018)
Fonte: Bloomberg. L’andamento del dollaro è illustrato dal Bloomberg Dollar Index. La performance passata non è indicativa dei risultati futuri.
Non è possibile investire direttamente in un indice.
Come si può osservare dal grafico, durante l’ultimo anno, dal 2 maggio 2017 al 1° maggio 2018, il Bloomberg Dollar Index è sceso di circa il 5,1%. Tuttavia, dal 16 aprile 2018 al 1° maggio 2018, il dollaro è salito del 3,23%, il rimbalzo più forte a cui gli investitori hanno assistito nel corso dell’ultimo anno. Il mio collega Jeremy Schwartz ha scritto di un ritorno alla politica del “Re dollaro”, a seguito della nomina di Larry Kudlow come consulente economico in seno all’amministrazione Trump. Quanto meno, la retorica sul dollaro adottata dalla Casa Bianca ha assunto toni di maggior supporto.
Il carry potrebbe rafforzarsi
All’inizio del 2017, molti osservatori hanno proposto il proprio outlook sulla Fed, pronosticando due o tre rialzi dei tassi d’interesse durante l’anno. Spesso il rialzo dei tassi d’interessi negli USA, la stabilità o il calo dei tassi all’estero e l’apprezzamento del biglietto verde sono diventati parte di un unico scenario.
Per quanto si trattasse di previsioni plausibili, i mercati hanno seguito un diverso sviluppo durante il 2017.
Apprezzamento del dollaro contro le monete del G10 (dal 16 aprile 2018 al 1° maggio 2018)
Fonte: Bloomberg. La performance passata non è indicativa dei risultati futuri. Non è possibile investire direttamente in un indice.
- I tassi d’interesse del mondo sviluppato restano eccezionalmente bassi in termini storici e alcune banche centrali – come la Banca centrale europea (BCE) e la Banca del Giappone (BOJ)- stanno mantenendo una politica dei tassi d’interesse negativi nelle rispettive aree geografiche. La Federal Reserve USA è l’unica banca centrale ad avere intrapreso un percorso, ampiamente pubblicizzato, verso la “normalizzazione della politica monetaria”.
- Anche se i differenziali dei tassi d’interesse – la forza dei flussi di capitale verso mercati con tassi d’interesse (e dunque anche rendimenti) più alti- hanno delle ripercussioni sui rendimenti monetari non si tratta dell’unico effetto. Altri fattori, come i flussi di capitale che creano il loro stesso slancio dei prezzi, la parità del potere d’acquisto e la percezione della geo-politica possono svolgere un ruolo di rilievo. Dalla fine del 2015 è stato piuttosto raro assistere a un rafforzamento generalizzato del dollaro contro tutte le valute dei Paesi del G10- e lo abbiamo visto nelle ultime settimane.
- Non è un caso che lo sforamento della soglia del 3% dei Treausury decennali USA per la prima volta in circa quattro anni abbia coinciso con un movimento del dollaro. Sarebbe molto interessante vedere quali potrebbero essere gli effetti sul biglietto verde se il tasso d’interesse decennale superasse quota 3,05%.
Impatto sui titoli azionari
Abbiamo visto quanto i titoli azionari delle large cap USA siano state favorite da questo periodo di debolezza del dollaro. Se dovessimo entrare in una fase di apprezzamento del biglietto verde è importante notare che i titoli azionari delle large cap USA – soprattutto per ciò che concerne le multinazionali- assisterebbero a un calo degli utili.
Le eziende del settore export non statunitensi che vendono sul mercato USA – il quale resta il più grande mercato dei consumi del mondo- diventano molto interessanti nei periodi in cui il dollaro è alto.
Le aziende del settore export europee e giapponesi hanno risposto al recente trend di aumento del dollaro (dal 16 aprile 2018 al 1° maggio 2018)
Fonte: Bloomberg. La performance passata non è indicativa dei risultati futuri. Non è possibile investire direttamente in un indice.
- Abbiamo sentito molte discussioni riguardo a come un rialzo dei tassi d’interesse negli Stati Uniti potrebbe ostacolare gli elevati multipli di valorizzazione a cui gli investitori nel segmento azionario statunitense si sono ormai abituati. E’ importante ricordare che i multipli non sono ai picchi storici a livello mondiale e se il dollaro invertisse il trend ciò potrebbe rendere i mercati esteri ancora più interessanti, a patto di coprire i portafogli contro il rischio di cambio.
- Le aziende orientate all’export di Eurozona, Germania e Giappone assistono ad un incremento degli utili in diversa misura quando la loro moneta si indebolisce rispetto al dollaro USA – proprio come le large cap USA hanno beneficiato della debolezza del dollaro di recente. Molte di queste aziende intrattengono intensi rapporti commerciali con gli Stati Uniti.
Quando si tratta di tassi di cambio, gli investitori spesso sbagliano il timing. WisdomTree ritiene con convinzione che la copertura aiuti a neutralizzare i movimenti valutari e che dovrebbe essere impiegata strategicamente nelle allocazioni di portafoglio. La recente solidità del dollaro –e la nostra previsione più positiva che ciò continui nei prossimi dodici mesi- dovrebbe offrire più tempo e la giusta motivazione per operare quanto prima la transizione dei portafogli.
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