Buona fortuna, professor Draghi!
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Venerdì 12 febbraio Mario Draghi ha accettato l’incarico di presidente del Consiglio e ha annunciato la squadra di governo, composta da 23 ministri,
di cui 8 sono tecnici di alto profilo e professionisti specializzati. Gli altri 15 sono politici.
I ministri politici rappresentano 6 partiti diversi:
1) M5S (4 ministri, con Luigi Di Maio confermato agli Esteri), 2) PD (3 ministri tra cui Luigi Guerrini, confermato alla Difesa), 3) Italia Viva (un ministro), 4) LEU (un ministro), 5) il movimento di destra della Lega (3 ministri) e 6) Forza Italia, il partito di Berlusconi (3 ministri).
L’elenco dei tecnici comprende alcuni esperti molto noti:
1. Enrico Giovannini, ex presidente dell’Istat (Istituto nazionale di statistica), ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
2. Daniele Franco, direttore generale della Banca d’Italia, ministro dell’economia e delle finanze;
3. Roberto Cingolani, responsabile dell’innovazione tecnologica del gruppo Leonardo (azienda attiva nel settore della difesa e quotata in borsa), nonché fondatore dell’Istituto italiano di tecnologia, è stato nominato ministro del nuovo dicastero della transizione ecologica;
4. Vittorio Colao, ex amministratore delegato di Vodafone, ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale.
Il movimento di destra Fratelli d’Italia è l’unico partito politico di grandi dimensioni che si oppone alla nomina di Draghi; il governo può contare su un’ampia maggioranza sia alla Camera che al Senato e dovrebbe rimanere in carica fino alla conclusione naturale della legislatura (marzo 2023).
Tuttavia sembra che il Movimento 5 Stelle, che ha il maggior numero di seggi in entrambe le Camere, sia diviso da un dibattito interno, con una quantità considerevole di rappresentanti contrari ad appoggiare il nuovo governo in occasione del voto di fiducia imminente.
Mario Draghi ha già elaborato le priorità del suo governo, che comprendono: 1) riforme strutturali, 2) la trasformazione digitale e 3) la transizione ecologica. L’Italia deve inoltre accelerare la campagna vaccinale anti-Covid per affrettare la ripresa economica e favorire gli investimenti delle aziende, evitando nel contempo che venga meno la coesione sociale.
L’occupazione è un altro tema fondamentale, con il mercato del lavoro sostenuto ancora artificialmente dagli aiuti diretti e dal blocco dei licenziamenti. I sindacati premono ovviamente affinché quest’ultimo venga prorogato oltre l’attuale data di scadenza (fissata per la fine di marzo 2021), in quanto il blocco dei licenziamenti è un elemento chiave per mantenere la coesione sociale. Il mercato del lavoro potrebbe essere potenziato da una riforma fiscale volta a ridurre le disuguaglianze e promuovere le assunzioni di personale giovane e qualificato.
Le riforme strutturali riguarderanno necessariamente la giustizia e la pubblica amministrazione (nota anche come la “leggendaria” burocrazia italiana), considerate dai partner europei un ostacolo enorme per la crescita economica e la competitività italiane.
Il programma per l’investimento dei 209 miliardi di euro previsti dal piano per la ripresa sarà modificato, se non riscritto, per aumentare gli investimenti nella transizione ecologica e nella trasformazione digitale, migliorando così la produttività e la sostenibilità. Secondo le stime di molti analisti e di istituti di ricerca ben noti, i potenziali effetti positivi supplementari derivanti dall’attuazione del piano per la ripresa dovrebbero incrementare il PIL del 3% circa.
Si ritiene inoltre che un approccio chiaro e più efficace di impronta europeista rappresenti un’occasione da non perdere per migliorare la credibilità internazionale del Paese.
Il nuovo governo presieduto da Draghi dovrà presto confrontarsi col dilemma di finanziare ulteriormente o no la cassa integrazione (un regime di assistenza temporanea finanziato dallo Stato), la cui scadenza è anch’essa prevista per la fine di marzo 2021.
Nonostante non sia un tema di scottante attualità, il rischio di deterioramento delle finanze pubbliche italiane è tuttora altissimo. Le regole di bilancio che riguardano la gestione del debito pubblico sono state “allentate” in tutti i paesi europei, ma si può essere sicuri che non sarà così per sempre.
La nomina di Draghi a Palazzo Chigi potrebbe “intercedere” per l’Italia, aiutandola a ricevere maggiore attenzione dall’Europa. Se il Paese dovesse beneficiarne in termini di credibilità, capacità di crescita e produttività, anche la sua percezione del rischio potrebbe migliorare sensibilmente.
Finora tutto è andato per il meglio: dal 3 febbraio scorso, giorno in cui il presidente della Repubblica ha annunciato e conferito l’incarico, il differenziale tra BTP e Bund è calato di circa 25 punti base attestandosi su 90 pb, il più basso degli ultimi 5 anni, e un BTP decennale “paga” attualmente un rendimento ai minimi storici, al di sotto dello 0,5%.
C’è chi è convinto che ci sia ancora margine per ridurre ulteriormente i rendimenti dei BTP, mentre altri pensano che questo livello costituisca la base naturale per un futuro rimbalzo verso rendimenti più redditizi.
Buona fortuna, professor Draghi!