Come si colloca l’euro nel puzzle monetario?
Molti clienti ci domandano cosa ne pensiamo dell’euro e quale potrebbe essere l’andamento della moneta unica nei prossimi mesi del 2018. Siamo d’accordo con loro che si tratti di una questione di grande rilievo, le cui possibili implicazioni potrebbero riflettersi sui mercati degli asset globali di tutto il mondo.
Purtroppo questa consapevolezza non basta a facilitare i pronostici. Prevedere l’andamento dei tassi di cambio è un po’ come mettere insieme i pezzi di un puzzle: a tratti i dati da soli non sono sufficienti e serve parecchia inventiva.
Prima di tutto, da dove siamo partiti?
Per contribuire a inquadrare correttamente il possibile andamento dell’euro nei prossimi mesi del 2018, abbiamo anzitutto fatto un passo indietro e osservato la performance relativa rispetto al dollaro USA negli ultimi dieci anni solari, oltre che nella prima metà del 2018.
Grafico 1: performance dell’euro contro il dollaro USA nel corso degli anni
Fonte: Bloomberg. I periodi sono considerati in anni solari, dal 31 dicembre 2007 al 29 giugno 2018
Non è possibile investire direttamente in un Indice. La performance storica non è indicativa della performance futura e qualunque investimento può perdere di valore.
+ Il 2014 e il 2015 sono stati i primi anni di deprezzamento dell’euro (o di apprezzamento del dollaro). A fine 2015, abbiamo osservato un tasso di cambio pari a 1,08USD, valore che, per contesto, equivale agli 1,37USD di inizio 2014
+ Il 2017 è stato un anno straordinario in termini di apprezzamento dell’euro: negli ultimi dieci anni non abbiamo assistito a nessun movimento neanche lontanamente simile. Gli investitori globali sono rimasti molto sorpresi nel 2017 dall’attività economica piuttosto forte dell’Eurozona e in molti hanno ipotizzato che la Banca centrale europea (BCE) avrebbe interrotto il programma di allentamento quantitativo prima del previsto.
Abbiamo chiuso il primo semestre del 2018 con l’euro a circa 1,17USD al 29 giugno 2018.
Tre pezzi importanti del puzzle monetario
Sono tre i fattori su cui si basano i tentativi di previsione dell’andamento delle monete. E’ importante notare che esistono diversi modi di interpretarli e che, soprattutto, nessuno di essi ci dice esattamente come si comporterà l’euro.
Fattore 1: il momentum
Anche se esistono diversi modi di esaminare il momentum, ci siamo concentrati sulla media mobile (MA) dei 10 giorni contro i 240.
Grafico 2: il trend dell’andamento monetario
Fonte: Bloomberg. Dati dal 31 dicembre 2007 al 29 giugno 2018.
Non è possibile investire direttamente in un Indice. La performance storica non è indicativa della performance futura e qualunque investimento può perdere di valore.
+ Se la MA su 10 giorni è inferiore a quella su 240 giorni, ciò significa che l’euro si sta deprezzando. Questi periodi sono evidenziati in grigio nel Grafico 2
+ Per contro, se la MA su 10 giorni è superiore a quella su 240 giorni, ciò significa che l’euro si sta apprezzando. Questi periodi non sono evidenziati.
Le monete, storicamente, hanno sempre mostrato un comportamento tendenziale ed è utile conoscere il trend e ipotizzare quali catalizzatori potrebbero provocarne il cambiamento in futuro. Al momento, la tendenza sembra puntare più che altro verso un ulteriore deprezzamento dell’Euro.
Fattore 2: il potere della parità d’acquisto, la moneta è economica o costosa?
In molti hanno sentito parlare dell’Indice “Big Mac” dall’Economist: il concetto è che il Big Mac di McDonald’s, al netto dei tassi di cambio, dovrebbe costare uguale in qualunque parte del mondo. Poiché nella realtà ciò difficilmente accade, si può affermare che le monete sono o “troppo economiche” o “troppo care” le une rispetto alle altre, inibendo così la possibilità di applicare prezzi simili per prodotti pressoché identici nei diversi mercati globali.
L’attuale tasso di cambio (circa 1,17USD al 31 maggio 2018) è molto simile al livello auspicato dalla parità del potere d’acquisto. E’ un concetto subdolo: una valuta può essere o troppo economica o troppo cara per lunghi periodi di tempo. Diciamo che questo segnale oggi è sostanzialmente neutro.
Fattore 3: variazione dei tassi d’interesse
+ I tassi a due anni, collocandosi sulla parte corta della curva, sono molto più influenzati dalla politica monetaria. La Federal Reserve USA sta rialzando i tassi mentre la BCE ha dichiarato che non li aumenterà per un periodo di circa 12 mesi. I tassi a 2 anni USA hanno esteso il vantaggio di rendimento rispetto ai tassi a 2 anni tedeschi da circa il 2,5% al 3,2% fino ad oggi nel 2018.
+ I tassi a 10 anni, collocandosi sulla parte più lunga della curva, sono più influenzati dalle aspettative di crescita e inflazione. Nel 2018, i tassi decennali USA hanno esteso il vantaggio di rendimento rispetto ai tassi a 2 anni tedeschi da circa il 2% a circa il 2,5% fino ad oggi nel 2018.
Grafico 3: confronto fra i tassi d’interesse a 2 e 10 anni USA e Germania
Fonte: Bloomberg. Periodi dal 29 dicembre 2017 al 29 giugno 2018.
Non è possibile investire direttamente in un Indice. La performance storica non è indicativa della performance futura e qualunque investimento può perdere di valore.
In teoria, gli investitori globali apprezzano di più i rendimenti alti che quelli bassi e ciò sembrerebbe quindi indicare un possibile apprezzamento del dollaro (debolezza dell’euro) in futuro.
Conclusione: al deprezzamento dell’euro mancano…2,0,1
Di conseguenza, al momento riteniamo ci siano due fattori (il momentum e i tassi d’interesse) che puntano in direzione del deprezzamento dell’euro, nessuno di essi indica il rafforzamento della moneta unica e uno (la PPP) è neutrale.
Riteniamo più probabile che l’euro si deprezzi nel secondo semestre del 20181.
1 Opinione dell’autore da non interpretare come una previsione, poiché non è possibile offrire alcuna garanzia sui futuri sviluppi delle fluttuazioni monetarie