“Brexit” o “Britin”?: prima del referendum del 23 giugno – la Grexit del 2015 suggerisce di restare coperti fino al “B” Day (Parte 2ª)
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In questo secondo episodio della nostra serie sul tema “Brexit” o “Britin” indagheremo le questioni principali sulla via del referendum. Si rimanda al paragrafo Parte 1: “Brexit” o “Britin”? In sintesi: per l’approfondimento della scorsa settimana.
I mercati non guardano con particolare favore alla possibilità che la Gran Bretagna mantenga lo status quo. Quando i vantaggi economici non sono ovvi e regna invece un clima d’incertezza, i mercati volgono al basso. L’elevata volatilità della sterlina, che al 12% equipara i livelli registrati in occasione della crisi del sistema bancario e del default governativo dell’Eurozona nel 2010-2011, indica che il sentiment nei confronti della moneta britannica è decisamente negativo.
Il Grafico 1 mostra il trend dei titoli azionari e obbligazionari europei nei trenta giorni lavorativi precedenti e successivi al referendum sulla “Grexit” indetto il 5 luglio 2015, voto con cui il popolo greco doveva esprimere la volontà di accettare le rigide misure di austerity imposte dall’Unione Europea in cambio di un programma di aiuti, assicurandosi il futuro ingresso nell’UEM. Per quanto non direttamente paragonabile all’eventualità di una “Brexit”, si tratta comunque a nostro avviso del riferimento più simile alla possibile reazione dei mercati da qui al 23 giugno, data in cui verrà sottoposta a referendum la futura appartenenza della Gran Bretagna all’UE.
Nel periodo antecedente al voto, con la concreta possibilità di una “Grexit”, è apparsa evidente la tendenza all’avversione al rischio sia nel Regno Unito che nell’Eurozona, con un indebolimento dei mercati azionari e un rafforzamento di quelli obbligazionari. Il FTSE 100 e l’EURO STOXX 50 sono scesi di circa il 6% nei trenta giorni prima del referendum; mentre ulteriori ribassi hanno in seguito recuperato solo dopo che l’estensione della scadenza del programma di bailout ha ripristinato la fiducia dei mercati ed è stato raggiunto un accordo, ossia quattro giorni dopo che il voto popolare in Grecia aveva rifiutato con decisione le condizioni imposte dal piano di salvataggio.
La performance passata non è indicativa dei rendimenti futuri. Mentre i sondaggi continuano a restare in bilico, dando quasi a pari merito i sostenitori della “Brexit” contro coloro che vogliono restare nell’UE, lo spettro dell’incertezza stende la sua lunga ombra, esponendo potenzialmente l’azionario europeo ad un rischio di ribasso analogo al periodo di paura della Grexit dell’anno scorso. Gli investimenti considerati un porto sicuro, inclusi Gilt e oro, probabilmente appariranno ancora più appetibili.
Quindi? In un contesto di vulnerabilità della sterlina e dell’euro potrebbe essere prudente adottare una strategia di hedging sull’esposizione lunga al mercato azionario in Regno Unito e su quello europeo in generale.