S&P 500 o S&P 5? (Parte 1) - L’attuale concentrazione è sostenibile nel lungo termine?
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Recentemente si è scritto molto a proposito della concentrazione eccezionale ai vertici dell’S&P 500 e dei titoli tecnologici. In questo articolo suddiviso in due parti vogliamo prima di tutto esaminare i fattori trainanti e l’impatto di tale concentrazione, per poi focalizzarci sulle potenziali conseguenze per gli investimenti azionari statunitensi nel medio-lungo termine.
La prima parte dell’articolo si sofferma sull’S&P 500 in sé. Ripercorrendo l’anno piuttosto inconsueto che stiamo vivendo, osserviamo che:
- le cinque costituenti maggiori dell’S&P 500 presentano le percentuali più alte da 30 anni a questa parte, anche rispetto al periodo della bolla dot com;1
- la ponderazione del settore delle tecnologie dell’informazione si sta avvicinando ai massimi storici. Se si dovesse tenere conto di altri settori legati alle tecnologie, come quelli dei servizi per le comunicazioni (Facebook, Alphabet) e dei beni di consumo voluttuari (Amazon), l’S&P 500 starebbe già battendo il record della concentrazione settoriale;
- Apple, Microsoft, Amazon, Facebook e Alphabet hanno contribuito a quasi il 90% della performance dall’inizio dell’anno dell’indice S&P 5002.
Utilizzando come riferimento la lunga storia dell’S&P 500 per tentare di decifrare i possibili scenari futuri per l’indice, osserviamo che:
- in passato, quando la concentrazione delle prime costituenti dell’S&P 500 diventava molto alta, l’indice si “deconcentrava” in tempi relativamente rapidi;
- le società che hanno storicamente lottato per mantenersi nelle prime 5 posizioni dell’indice ne sono state estromesse da nuovi entranti e nuove tendenze. È interessante notare che ciò è abbastanza vero anche per i settori tecnologici che hanno dominato gli anni ‘90, poi per quelli energetici nel primo decennio del 2000, poi di nuovo per quelli tecnologici e via dicendo...
L’S&P 500 è maggiormente concentrato e orientato alla tecnologia di quanto non lo fosse al picco della bolla dot com
Ripensando all’S&P 500, possiamo osservare nella figura 1 che nel 2020 la concentrazione delle prime cinque costituenti dell’indice ha battuto un record dopo l’altro. Fino a tempi recenti, il maggior titolo azionario (preso singolarmente) non aveva mai rappresentato più del 5,5% dell’indice, ma attualmente Apple veleggia al di sopra del 7%; le cinque azioni di maggior valore non avevano mai rappresentato più del 18,2% (ciò non si verificava dal marzo 2000, nel momento di picco della bolla dot com). Attualmente Apple, Microsoft, Amazon, Facebook e Alphabet rappresentano il 21% dell’indice, ossia quasi il doppio della media a lungo termine (12,5)%3.
Figura 1: Ponderazioni dei titoli azionari mega nell’S&P negli ultimi 30 anni
Fonte: WisdomTree, Bloomberg. Dati dal gennaio 1990 al settembre 2020. Il gennaio 1990 è stato scelto come data di inizio perché è da quel periodo che disponiamo di dati dettagliati sulle costituenti.
La prestazione storica non è un’indicazione della prestazione futura e qualsiasi investimento può perdere di valore.
L’indice non appare maggiormente diversificato su base settoriale: il settore delle tecnologie dell’informazione (“IT”) si sta avvicinando al suo massimo storico del 31,6 (raggiunto nell’epoca della bolla dot com), avendo registrato un picco del 28,7% alla fine di agosto. Non dimentichiamo, inoltre, che il settore tecnologico non è più rappresentato solo dal settore IT: a partire dal 2018 il GICS (Global Industry Classification Standard) ha cercato di migliorare la diversificazione settoriale dell’S&P suddividendo in più parti il settore IT; società di commercio elettronico come Amazon sono state inserite nella categoria dei beni di consumo voluttuari, mentre servizi e piattaforme di Internet come Google e Facebook sono passate a far parte dei servizi per le comunicazioni. Ora i due settori rappresentano una gran parte dell’indice: i servizi per le comunicazioni stanno toccando un massimo storico, con una percentuale vicina all’11%, mentre i beni di consumo voluttuari non hanno raggiunto il loro record del 13% (che risale all’inizio degli anni ‘90), ma ci stanno andando vicino con l’11,6% attuale. Messi insieme, i due settori e quello delle tecnologie dell’informazione valgono ora più del 50% dell’indice rispetto alla media storica (32%) e al picco precedente (48%) registrato nel febbraio 2000.
Figura 2: Ponderazioni dei titoli tecnologici nell’S&P negli ultimi 30 anni
Fonte: WisdomTree, Bloomberg. Dati dal gennaio 1990 al settembre 2020. Sono state utilizzate le definizioni attuali del GICS per i settori.
La prestazione storica non è un’indicazione della prestazione futura e qualsiasi investimento può perdere di valore.
I cinque titoli azionari maggiori nell’S&P 500 hanno contribuito a quasi il 90% della performance dall’inizio dell’anno
Questa concentrazione eccezionale non risalta tuttavia solo nella composizione dell’indice, ma anche nella sua performance: la prestazione dall’inizio dell’anno dell’S&P 500 è cresciuta del 9,45%2 ma la somma dei contributi di Apple, Microsoft, Amazon, Facebook e Alphabet a questa performance è pari a un incredibile 8,35%. Ciò significa che le “altre 495 azioni” dell’indice hanno contribuito solo all’1,1%.
Questo fenomeno non riguarda unicamente l’S&P 500: gli “altri” 995 titoli azionari dell’indice Russell 1000 hanno contribuito solo al 2,8% della sua performance dall’inizio dell’anno (10,7%)2. L’effetto è meno marcato nel Nasdaq 100, ma i 5 titoli azionari principali hanno comunque contribuito al 21,1% della performance dall’inizio dell’anno (36,7%)2.
Figura 3: Contributo delle cinque azioni principali alla performance dall’inizio dell’anno nei diversi indici azionari statunitensi
È più difficile restare in vetta che arrivarci
In un’ottica futura, ovviamente la domanda da un milione di euro è: questa tendenza può continuare? Sebbene non esista una risposta certa a questa domanda, come sempre la storia può fornirci alcune indicazioni per anticipare meglio le nostre prossime mosse.
Riconsiderando l’ultima volta in cui la concentrazione ai vertici dell’S&P 500 ha raggiunto una quota analoga (ossia in occasione della bolla dot com nel 2000), la ponderazione delle prime 5 società ha cominciato relativamente in fretta a registrare una mean reversion. Sei mesi dopo aver raggiunto il 18,2% nel marzo 2000, la loro ponderazione era scesa al 14%, un livello tuttora superiore (ma molto più vicino) alla sua media a lungo termine.
Inoltre, un aspetto spesso sottovalutato è il fatto che i 5 maggiori titoli azionari del S&P non costituiscono un insieme totalmente stabile: le società tendono a entrare e uscire da questo gruppo con un ritmo relativamente veloce e, difatti, nel marzo scorso Berkshire Hathaway era al 5° posto nell’indice prima di venire estromessa da Alphabet.
Se pensiamo a quali fossero i titoli maggiori negli anni 2000 e negli anni 2010, è interessante notare quanto fossero diversi da quelli che occupano attualmente le prime cinque posizioni: dei cinque titoli azionari principali del dicembre 2000, tre sono usciti dai primi 10 nel decennio successivo; dei cinque titoli azionari principali del dicembre 2010, tre sono usciti dai primi 40 quest'anno. Infatti nessuno tra i primi cinque del dicembre 2000 si trova tra i primi 20 di quest’anno e nell’ultimo ventennio General Electric è passato dal 1° al 116° posto.
Naturalmente 20 anni sono un arco di tempo relativamente lungo, ma ciò dimostra quanto sia difficile rimanere ai vertici dell’S&P 500. I titoli azionari della top 5 sono tra i principali al mondo e, per giustificare queste valutazioni, non basta che le rispettive società vadano bene, ma devono continuare a crescere, adeguarsi e, in sostanza, difendere la loro posizione dall’assalto dei nuovi entranti.
Figura 4: Tendenzialmente i titoli delle mega cap precedenti sono incappate in una spirale al ribasso. Graduatorie e posizioni di diverse aziende nell’S&P 500, suddivise in base alla capitalizzazione di mercato
Fonte: WisdomTree, Bloomberg. Dati al 31 dicembre 2000, al 31 dicembre 2010 e al 30 settembre 2020.
La prestazione storica non è un’indicazione della prestazione futura e qualsiasi investimento può perdere di valore.
Nel complesso, è chiaro che stiamo comunque vivendo un periodo eccezionale per quanto riguarda l’impatto dei primi cinque titoli azionari sull’S&P 500. La concentrazione ai vertici dell’indice, quella settoriale e l’impatto di questi titoli azionari sulla performance dell’indice stanno tutti toccando livelli senza precedenti ed è difficile pensare che in futuro questa concentrazione sia sostenibile nel medio-lungo termine. Nella seconda parte di questo articolo cercheremo di valutare come un’inversione di rotta potrebbe incidere sui portafogli azionari statunitensi.
1 Una bolla del mercato azionario (causata da una speculazione eccessiva sulle aziende attive nell’ambito di Internet) che ha avuto inizio verso la fine degli anni ‘90 e ha raggiunto il suo apice intorno al marzo 2000.
2 Fonte: WisdomTree, Bloomberg. Dati riferiti al 16 ottobre 2020. Sono stati utilizzati indici Gross Total Return in USD.
3 Fonte: WisdomTree, S&P. Dati dal gennaio 1990 al settembre 2020. Il gennaio 1990 è stato scelto come data di inizio perché è da quel periodo che disponiamo di dati dettagliati sulle costituenti.
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