Conto alla rovescia per il “taper tantrum” della BCE: un “passo indietro” ribassista sui titoli considerati “sicuri” – ipotizzate la copertura dei Bund tedeschi
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Dimenticatevi della “reflazione”: il piano di uscita della BCE dal programma di allentamento quantitativo (QE) che Mario Draghi illustrerà questo 26 ottobre rappresenta un chiaro segnale che la ripresa economica dell’Eurozona è ormai ritenuta sempre più autosufficiente. Ciò potrebbe danneggiare il sentiment sui mercati obbligazionari ben prima delle pressioni inflazionistiche – sempre che queste ultime si concretizzino in misura rilevante. In assenza di rischi d’inflazione nel breve periodo, l’evento è potenzialmente molto ribassista per i mercati obbligazionari.
L’ipotesi di ridimensionamento del QE estende il pessimismo sui mercati obbligazionari oltre il mese di ottobre
Se anche Mario Draghi lasciasse solo presagire un ulteriore ridimensionamento futuro del QE ciò potrebbe ripercuotersi negativamente sui mercati obbligazionari ben al di là dell’annuncio medesimo. Non è necessario che la BCE quantifichi la riduzione degli stimoli. Basti pensare a quando l’ex Presidente della Fed, Ben Bernanke, in occasione della sua testimonianza al Congresso il 22 maggio del 2013, dichiarò che la Fed avrebbe potuto “fare un passo indietro” per quanto riguardava gli acquisti di titoli obbligazionari, visto il miglioramento delle condizioni economiche. Il danno arrecato ai mercati obbligazionari si manifestò ben prima che i tagli agli acquisti dei titoli di Stato, pari a 10 miliardi di USD al mese, venissero annunciati proprio quello stesso anno, nel dicembre del 2013.
Il “taper tantrum” rappresenta un riferimento perfettamente calzante di come – dopo la riunione della BCE del 26 ottobre- il sentiment sui titoli dell’Eurozona considerati un “porto sicuro” potrebbe guastarsi.
Quanto potrebbe andare male?
Conto alla rovescia per il "taper tantrum del QE della BCE"
100 giorni lavorativi prima e dopo l'annuncio
Source: WisdomTree, Bloomberg
Come illustrato dal grafico, i rendimenti dei Treasury decennali USA hanno subito un’impennata dopo la testimonianza di Bernanke al Congresso del 22 maggio 2013 salendo, in tre mesi, di oltre 100pb, per poi toccare un picco vicino al 3%, prima di stabilizzarsi attorno a 20pb in meno.
Il “taper tantrum” della BCE potrebbe creare un precedente per i titoli sovrani dell’Eurozona, considerati “sicuri”, destinandoli a soccombere allo stesso tipo di pressioni subite dai Treasury USA durante il taper tantrum della Fed nel 2013? A rischio in particolare i governativi tedeschi che, oltre a rappresentare quasi un quarto dei 1.800.000 miliardi di euro indirizzati all’acquisto di Schatz, Bobl e Bund, restano, anche in questa fase di consolidamento dei fondamentali macro-economici dell’Eurozona, straordinariamente dispendiosi. Considerando che i Treasury decennali USA hanno reso quasi il 2% poco prima che il discorso di Bernanke provocasse nervosismo sui mercati, i circa 40pb di rendimento dei Bund decennali tedeschi oggi potrebbero far presagire una correzione dei prezzi ancora più drastica.
I Bund decennali tedeschi quest’anno, fino ad oggi, hanno mostrato volatilità e seguito un andamento laterale. L’irregolarità dei rendimenti indica che il mercato indubbiamente più affollato dell’Eurozona non ha ancora accettato la natura finita del programma di QE della BCE. Ad esempio, il rendimento del Bund decennale tedesco è uscito dal territorio negativo solo nell’ottobre del 2016 e, poiché quest’anno ha fluttuato tra i 30 e i 40pb circa, gli investitori appaiono sconfortati.
Il consolidamento dei fondamentali sul fronte della domanda supporta reali rischi d’inflazione
Dopo la fine del QE, i prezzi al consumo dovrebbero inquadrarsi in un contesto di rafforzamento della domanda interna di tipo strutturale, spinti dall’agenda di riforme pro-crescita della Francia che estenderà la ripresa del mercato del lavoro dell’Eurozona al di là dei confini tedeschi per un paio d’anni. Questo fattore – in contrasto agli shock ciclici e sporadici dovuti alla debolezza dell’euro e alla notevole volatilità dei prezzi del greggio che provocano delle pressioni sui costi delle importazioni e impennate di breve durata del CPI – costituisce il vero rischio per i mercati obbligazionari europei nel lungo periodo. Il ridimensionamento del QE ne è un preludio. La stabile rimonta dei dati sull’inflazione in Germania e nell’Eurozona, già palesemente superiori ai rendimenti obbligazionari high-grade di lungo termine, indica che la recente attività di trading nel segmento è sempre più speculativa, con investitori che sfruttano l’aumento dei prezzi o la riduzione degli spread. Quest’ultima categoria, a differenza degli investitori strategici che ricercano reddito positivo reale, potrebbe essere la prima a gettare la spugna nel caso in cui la BCE avviasse il tapering. A giudicare dal percorso incostante dei rendimenti delle obbligazioni tedesche durante l’anno, le operazioni speculative sui Bund sembrano essersi intensificate.
Le implicazioni per gli investitori obbligazionari e le strategie di copertura
Gli investimenti nel reddito fisso high-grade europeo, dal lancio del QE avvenuto nel marzo del 2015, appaiono oggi particolarmente esposti e vulnerabili all’eventualità di un rialzo dei tassi.
Basti pensare agli investitori che, avendo deciso di assumersi un considerevole rischio di termine per ottenere cedole molto basse con un rendimento di riscatto positivo sui titoli “sicuri” dell’Eurozona, rischiano che l’elevata convessità e duration infliggano ingenti perdite di capitale ai loro portafogli.
Venendo meno il supporto artificiale dato alle obbligazioni aziendali e sovrane high-grade dell’Eurozona dal QE della BCE, i prezzi sui mercati obbligazionari riprenderanno a girare attorno a fondamentali economici più forti. Potrebbe essere ragionevole coprire i portafogli obbligazionari che hanno quale benchmark l’esposizione sull’high-grade europeo.
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