Addio alla garanzia implicita delle imprese statali
Cresce l’incertezza circa la volontà di Pechino di aiutare le SOE (imprese statali, State-Owned Enterprise), incertezza resa evidente da una serie di default di queste aziende a partire dalla seconda metà del 2020. Per una confluenza di ragioni, si è verificato un brusco aumento dei tassi di default delle società sia sui mercati cinesi onshore che su quelli offshore: vi han contribuito la stretta monetaria e una politica di prestiti più rigorosa da parte delle banche onshore, unite a una maggiore tolleranza da parte del governo cinese nei confronti dei default obbligazionari fra le SOE. Questa congiuntura ha indotto gli investitori a rivalutare il presupposto in base a cui farebbero implicitamente assegnamento sulla garanzia fornita dal governo per la maggior parte delle imprese statali. Nel periodo compreso tra il 2017 e il 2019 le non SOE (imprese non statali) erano responsabili dell’80% dei default, ma l’anno scorso i default delle imprese statali sono considerevolmente aumentati; una tendenza confermata, come abbiamo visto, nel primo trimestre del 2021.
Figura 1: Nel 2020 sono aumentati sensibilmente i default obbligazionari onshore delle SOE in Cina
Fonte: Bloomberg, WisdomTree al 30 giugno 2021.
I default delle imprese statali si estendono al di là dei settori tradizionali
Non solo il numero delle SOE è cresciuto, ma dal 2018 abbiamo anche riscontrato un cambiamento nella composizione dei default onshore dal punto di vista settoriale: negli ultimi tre anni molte aziende alle prese con tensioni finanziarie appartenevano a comparti affetti da sovraccapacità come quello dell’energia, le utilities, l’industria e i materiali. Tuttavia, l’ultimo anno ha registrato un brusco cambio di tendenza, in seguito al quale il 40% dei default per importi in essere è risultato imputabile al settore tecnologico (e se ne potrebbe attribuire la metà a una succursale di una delle maggiori università cinesi). Se, parimenti, nel 2018 tre quarti dei default obbligazionari offshore in dollari si sono verificati nel comparto energetico, nel 2020 abbiamo assistito a una netta inversione di tendenza, con il 70% circa dei default di questo tipo da ricondurre al settore finanziario e tecnologico. Nel primo trimestre del 2021 è stato rilevato un numero contenuto di nuovi default, ma gli importi in essere sono maggiori rispetto agli anni precedenti.
Figura 2: Ripartizione per settori dei default onshore, nel 2018 e nel 2020, in base all’importo in essere
Fonte: Bloomberg, WisdomTree al 30 aprile 2021
A nostro avviso la Cina, ammettendo l’insolvenza di queste aziende sommerse dai debiti, procurerà in definitiva un beneficio alla sua stessa economia. In primo luogo, il fatto che continuino a verificarsi default da parte delle SOE riduce l’indebito vantaggio di cui tali imprese hanno goduto rispetto alle imprese non statali, spianando la strada a una ripartizione più efficiente delle risorse finanziarie nel lungo periodo. Inoltre, ciò migliorerà il meccanismo di scoperta dei prezzi sui mercati, poiché gli investitori reagiscono a questi rischi in evoluzione.
Come sfruttare il vantaggio strutturale delle imprese non statali rispetto alle SOE nei mercati emergenti
Una delle grandi differenze tra i titoli azionari dei mercati sviluppati e quelli dei mercati emergenti risiede nel loro assetto proprietario: nei mercati emergenti (ME) la quota più consistente delle società è costituita da SOE, sulle quali un ente governativo esercita un controllo considerevole (con una proprietà superiore al 20%). In Cina la percentuale di proprietà statale è una delle più alte nell’ambito dei ME: in particolare, l’aumento dei tassi di default delle SOE cinesi ha certamente avuto un ruolo significativo nel richiamare l’attenzione dei risparmiatori sulle imprese non statali. Da un po’ di tempo siamo dell’idea che queste ultime presentino un vantaggio strutturale rispetto alle SOE, potendo in genere contare su performance migliori, su una qualità più elevata e su una leva finanziaria più contenuta1. Data la scarsa presenza della proprietà pubblica, le imprese non statali hanno inoltre una propensione intrinseca per i criteri ESG, in virtù di una miglior considerazione della governance aziendale e dell’ambiente. Il WisdomTree EM ex-SOE Environmental, Social and Governance (ESG) screened Index permette agli investitori di cogliere la potenziale opportunità di crescita a lungo termine dei mercati emergenti, limitando nel contempo l’esposizione alle imprese statali. Quest’indice mira a evidenziare due fattori importanti come la crescita a lungo termine e la qualità, perché prende in esame società caratterizzate da una forte proprietà statale, come risulta evidente nella tabella che segue, confrontando i rendimenti relativamente elevati delle attività (ROA)2 e i ROE3 con quelli delle aziende concorrenti.
Figura 3: Confronto tra fondamentali
Fonte: Bloomberg, FactSet, WisdomTree al 31 luglio 2021.
La prestazione storica non è un’indicazione della prestazione futura e qualsiasi investimento può perdere di valore.
Fonti
1 Dal 30 dicembre 2007 al 30 giugno 2021, le imprese statali rappresentano un portafoglio ponderato per la capitalizzazione di mercato con un’ampia base di aziende che sono per più del 20% di proprietà d’un ente governativo.
2 Rendimento delle attività (ROA): utili della società (tenuto conto di tutte le spese) divisi per il suo patrimonio complessivo. A cifre più elevate corrispondono utili maggiori in relazione all’entità del patrimonio impiegato per generarli.
3 Redditività (ROE): misura il rendimento di una società, calcolando l’importo degli utili generati dall’azienda con il denaro investito dagli azionisti.
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